L'ANTICO CENTRO GRECO-PUNICO DI MONTE ADRANONE
Monte
Adranone è tra i più occidentali siti
archeologici del territorio agrigentino, a circa
1000 m s.l.m., a settentrione del moderno abitato
di Sambuca di Sicilia, nella Valle del Belice, al
confine tra il territorio provinciale di Trapani e
di Palermo.
La storia dell'antico centro di Monte Adranone
indubbiamente colonia selinuntina - si svolge
pertanto in un particolare contesto derivante dal
contatto tra l'area sicana ellenizzata e l'area
elimo punica, con una decisa preminenza della
componente punica a partire dagli inizi del IV
sec. a.C., ovvia conseguenza del consolidarsi del
predominio cartaginese nella Sicilia occidentale,
dalla caduta di Selinunte alla morte di Dionisio
I.
Quanto all'identificazione del sito, si è
propensi a riconoscere l'Adranon citata da Diodoro
(XXIIIA2) in relazione a vicende della prima
guerra punica: identificazione già proposta dal
Cluverio e ripresa dall'Holm, anche in
considerazione di dati toponomastici essenziali
(il sito domina le balze di una contrada collinare
denominata Adragna) sembra ormai prendere sostegno
dai dati archeologici emersi dagli scavi
sistematici che hanno finora univocamente
dimostrato una generale e violenta distruzione
della città intorno alla metà del III sec. a.C.
con sporadiche presenze - forse di guarnigioni di
controllo - nel corso della seconda guerra punica.
Gli scavi regolari risalgono al 1968 e da allora
annuali campagne sistematiche hanno portato alla
luce la necropoli, la poderosa cinta muraria e
vasti settori della città e dell'area suburbana.
La città si estendeva su un territorio ondulato
pressoché triangolare culminante a NE con l'area
sacra dell'Acropoli e degradava a terrazzi verso
SW in direzione della profonda insellatura che
distingue le due colline su cui si sviluppa
l'intero abitato e che forse coincideva con un
asse stradale fondamentale della città stessa.
La necropoli si estendeva a sud dell'abitato,
nella zona che attualmente corrisponde all'area di
ingresso della zona archeologica e dell'antiquarium,
e da essa, pertanto, si inizia la visita della
città antica.
LE FORTIFICAZIONI É L'AREA MONUMENTALE EXTRA URBANA
Il perimetro
della città, è di oltre 6 km. Per un
tratto del lato orientale viene definito dallo
strapiombo roccioso, mentre per il resto è
costituito da una imponente cinta muraria
costruita in blocchi di pietra marnosa locale e
conservata in alcuni tratti per circa m 6 di
altezza.
L'impianto originario delle fortificazioni si pone
tra la fine del VI e l'inizio del V sec. a.C., ma
ebbe una consistente ricostruzione nel IV sec. con
l'aggiunta di torrioni e contrafforti in relazione
alla ricostruzione punica della città, mentre
agli inizi del III sec. a.C. è da riportare un
ulteriore rafforzamento del sistema difensivo
con la costruzione di un propugnacolo avanzato a protezione dell'ingresso
meridionale della città che dovette servire
all'estrema difesa della città stessa nel corso
della prima guerra punica.
Un altro accesso alla città è stato individuato
sul lato nord. In area esterna alla città, a Est
del muro a propugnacolo avanzato è un
interessante complesso monumentale extra-urbano di
impianto precedente al baluardo esterno sopra
descritto, che rivela una complessa e articolata
stratigrafia archeologica ed edilizia, che si può
cosi riassumere: in un'area già occupata da
capanne indigene a pianta curvilinea di cui
restano avanzi affioranti nei livelli più tardi
sorse già nel V sec. a.C. un quartiere
extra-urbano di abitazioni orientate pressoché
est-ovest, quartiere che agli inizi del IV sec.
a.C. si accrebbe e si potenziò con la costruzione
di un sacello e di un complesso di ambienti di
servizio ad esso pertinenti. Intorno alla metà
del IV sec. a.C. la zona subì una radicale
trasformazione con la costruzione di un imponente
edificio relativo a un plesso artigianale a pianta
rettangolare - la cosiddetta fattoria - che si
sovrappone alle abitazioni del V-IV secolo,
rispettando, tuttavia, l'area del Santuario.
IL SANTUARIO
Il Santuario è costituito da un temenos, o recinto
sacro, che un muro di pietrelle a secco definisce in
forma di trapezio rettangolare (m 9.30 est-ovest e
m 11 nord-est). L'ingresso, a sud, introduce in
un'area rusticamente lastricata al centro della
quale è il sacello: questo è a pianta
rettangolare (m 6 est ovest x m 3.50 nord-sud) con
ingresso sul lato meridionale.
La tecnica di costruzione è in piccoli conci di
marna, con pareti perimetrali serrate agli spigoli
da conci in tufo arenario. L'interno del sacello
è bipartito e una parete trasversale definisce a
ovest un piccolo adyton cui si accede da
una angusta porta lievemente rastremata verso
l'interno.
Le fragili ma interessanti strutture interne
(temporaneamente interrate) consistono in una
piattaforma circolare in pietra di marna per un
altare rotondo al centro del vano e in una
panchina di pietrame a secco addossata lungo le
quattro pareti.
Analoga panchina si può osservare all'esterno,
lungo la fronte del sacello. All'esterno del
sacello, appoggiato al tratto orientale della
fronte è un botros quadrangolare con foro
comunicante verso l'interno, mentre dirimpetto
allo stesso tratto di fronte è un altro altare in
pietra, di forma quadrata.
Sia all'interno che all'esterno del sacello al
momento dello scavo si raccolsero numerose
deposizioni votive, offerte religiosamente deposte
dai fedeli sopra le panchine, ma anche nascoste,
quasi stratificate tra le pietre componenti le
panchine stesse, talora sepolte tra il lastricato
del pavimento.
Una delle ultime deposizioni collocate sulla
panchina interna è una interessante testa di Demetra
con polos, in pietra tenera, opera locale
che ibridamente ricorda modelli greci e
punico-ellenistici. Da una fossa votiva nell'area
del temenos provengono invece numerose
terrecotte votive, trà cui i pregevoli busti di
divinità dal volto giovanile attribuiti a
Persefone
.
A sud del santuario vi sono resti di strutture
contemporanee che - anche per il tipo di materiale
rinvenuto negli strati d'uso - si ritiene fossero
in stretta connessione con l'attività cultuale
del santuario stesso.
Su di esse, verso la metà del IV sec. a.C.
vennero impostate le fondazioni di un articolato
complesso artigianale o fattoria. Si tratta di un
grandioso edificio a pianta rettangolare (m 57.50
nord-est sud-ovest x m 38.50 nordest/sud-est) con
un vasto cortile al centro, intorno al quale si
dispone regolarmente, sulle quatto ali
dell'edificio, la serie di circa trenta ambienti
principali, molti dei quali con ripartizioni
interne.
Tra gli ambienti più significativi: nell'ala NO,
all'angolo ovest, due ambienti contigui con
vaschette di lavorazione con avanzi di tritume di
cava e gesso (impasto normalmente usato per
intonaci e pavimenti); nell'ala sud-ovest, un
laboratorio di scalpellino con piattaforma di
lavorazione che conservava in sito un blocco di
pietra appena sbozzato e tre capitelli finiti di
raffinata fattura, destinati a qualche importante
costruzione e mai messi in opera; infine, un
frantoio con la macina in sito con solco e
beccuccio per versare il liquido spremuto in un
pithos
interrato.
Al momento dello scavo, presso il frantoio si
rinvennero cumuli di olive carbonizzate: sembra
evidente che il complesso venne distrutto mentre
le attività erano in pieno fervore.
L'ABITATO E LE AREE SACRE
ell'area interna della città le strutture sinora
messe in luce, sia sull'acropoli che nei terrazzi
sottostanti, sembrano riferirsi preminentemente
alla facies punica della città che si manifesta -
oltre che nell'assoluta prevalenza dei tipi
monetali siculo-punici - nell'assetto
urbanistico-edilizio imposto alla città
ricostruita agli inizi del IV secolo sulle macerie
del precedente impianto urbano: assetto che si
riassume nella doppia cinta muraria articolata nel
vasto circuito sopra accennato e nell'anello
interno che circoscrive l'acropoli, o meglio
l'alto luogo con il suo tempio (esempio notevole
di architettura sacra punica); abitazioni con
magazzini, botteghe e cisterne, e un secondo
santuario sul terrazzo mediano della città.
L'area è caratterizzata dalla presenza di un santuario punico, riconoscibile nel grande
edificio a pianta rettangolare (m 21 x m 8),
orientato con gli angoli da nord-est a sud-ovest e
impostato su un taglio seminterrato nel banco
marnoso. Si compone di due vani. Gli accessi sono
dal lato lungo a nord-ovest.
Nel primo vano una serie di vaschette di
pietra arenaria, addossata alla parete nord-est:
era destinata a riti lustrali mentre il 2°
costituisce un recinto sacro la cui destinazione
cultuale è dimostrata da due betili a
pilastro su base quadrangolare, in pietra
arenaria, accostati alla parete lunga di fondo; di
fronte ad uno di essi è un'ara rettangolare in
pietra semicombusta.
Alle spalle dell'edificio, scavata nella marna, è
una grandiosa cisterna rettangolare, con fila di
pilastri lungo l'asse maggiore (m 14.60 x m 6.50);
essa doveva servire contemporaneamente alle
esigenze rituali del santuario e come riserva
idrica dell'abitato.
I resti di un'altra struttura a sud-est, presso le
mura, rivelano la presenza di un altro edificio
rettangolare, a duplice ambiente, di cui non resta
però traccia del pavimento, ma non è escluso
possa trattarsi di un torrione in prossimità
delle mura.
Risalendo verso est, si incontra per primo un
grande edificio a pianta rettangolare, orientato
nord-est sud-ovest sovrapposto a più antiche
strutture orientate nord-sud. L'edificio
misura m 18.20 x m 10.50 ed è preceduto da un
portico, profondo m 3, sul lato lungo sud-est con
un colonnato di cui restano solo le basi di due
colonne, in pietra tenera, finemente modanate,
inglobate in un successivo muro di tompagnatura
dell'intercolumnio.
L'ubicazione dell'edificio a contatto della tholos,
le sue caratteristiche architettoniche, i
materiali votivi rinvenuti negli ambienti con le
basi circolari, suggeriscono una destinazione
pubblica dell'edificio stesso.
Dal piazzale della tholos si raggiunge la
l'acropoli, fiancheggiata da "blocchi"
di edifici. A sinistra abitazioni private e
servizi di uso pubblico, come l'enorme cisterna
cilindrica, costruita in conci di arenaria, a
destra, la serie di ambienti, con cortile
colonnato alle spalle, ha rivelato una
destinazione cultuale per le suppellettili
rinvenute nello strato di distruzione: louteria,
arule, statuette votive..
Al margine sud dell'ultimo tratto della strada per
l'acropoli, si trova l'imponente complesso del blocco I
a pianta quadrata, suddiviso in una serie
di ambienti che si aprono sui due lati di uno
stretto e lungo cortile centrale di disimpegno, al
centro del quale corre una canaletta di scarico.
L'edificio aveva certamente un piano superiore,
come è dimostrato dalla presenza di una scala al
fondo dell'andito centrale e delle macerie del
piano terreno. L'intero edificio - che mostra di
avere inglobato rovine di precedenti strutture -
si caratterizza per la presenza di magazzini di
deposito e botteghe, forse con funzioni di
servizio collegate alla sovrastante area sacra
dell'acropoli.
All'acropoli si accedeva, e tuttora si accede,
attraverso la porta che si apre nella relativa
cinta muraria, delimitata da due torrette
quadrangolari.
Una rampa rocciosa conduce al piazzale sommitale:
l'alto luogo su cui sorgeva il grandioso tempio
punico, i cui avanzi consentono di riconoscerne le
essenziali caratteristiche architettoniche. Si
tratta di un grande edificio a pianta rettangolare
allungata (m 51 x m 10), orientato con gli angoli
in senso est-ovest secondo la tradizione
dell'architettura sacra fenicio-punica. La pianta
originaria - distinguibile nel settore
centrale dell'edificio (m 26.50 x m 10) - è
composta da tre vani successivi che non risultano
però tra loro comunicanti. L'accesso era dal lato
lungo sud, con tre ampie soglie che immettono
rispettivamente nei tre grandi ambienti suddetti:
lo spazio più significativo del tempio è
costituito dal grande recinto centrale a cielo
aperto (lung. m 15) sul cui asse maggiore, al
centro, in corrispondenza dell'ingresso, sono due
basi quadrate in arenaria su piattaforme
lastricate, che rivelano in superficie le tracce
circolari di appoggio di pilastri rituali
cilindrici o conici.
Il recinto centrale era fiancheggiato da due
ambienti coperti: bipartito quello di nordovest, a
unica cella quello a sud-est. Quest'ultimo doveva
assolvere a un particolare ruolo cultuale, sancta
sanctorum, naos, come si deduce dalle
caratteristiche di rilevante imponenza monumentale
conferita al suo prospetto che i dati a
disposizione, elementi architettonici crollati in
sito, fanno supporre caratterizzate da un
singolare intreccio di elementi greci e punici.
La pianta originaria del tempio venne in un
secondo momento modificato da notevoli aggiunte:
ambiente in prolungamento all'estremità
nord-ovest, pure bipartito; (lungo portico su
tutta la fronte sud-ovest, con fila di colonne
lignee di cui restano le basi quadrate in pietra;
piattaforma sopraelevata - forse per un altare -
appoggiata all'esterno del lato sud-est).
Legata alle funzioni cultuali del tempio, forse
fin dalla sua fase originaria è la grande
cisterna rettangolare (m 8 x m 5) disposta quasi
parallelamente all'edificio, circa m 8 ad
sudovest, e con questo connessa mediante un
complesso sistema di canalette. Due pilastrini,
lungo l'asse maggiore, dovevano sostenere la
copertura andata perduta.
LA NECROPOLI
La necropoli della città si estendeva, come si
è detto, in un'area, relativamente limitata, a
sud e a sudovest della città, con uno sviluppo
che si è rilevato più che in estensione, in
stratificazioni sovrapposte con frequente riuso e
riadattamento delle tombe più antiche.
Di tale necropoli, nei due ampi settori messi in
luce, gli scavi hanno rilevato l'esistenza di
tombe tipologicamente e cronologicamente
distinguibili in tombe a camera ipogeica (per la
maggior parte riferibili al VI-V sec. a.C.), tombe
a cassa con pareti costruite in blocchetti di
marna, e infine semplici sepolture terragne,
spesso stratigraficamente sovrapposte alle tombe
più antiche (databili nel IV e nella prima metà
del III sec. a.C.).
Dei due settori di necropoli lasciati in vista,
quello immediatamente a nord dell'Antiquariura
comprende la nota tomba monumentale - già
conosciuta alla fine del secolo scorso
localmente detta tomba della Regina,
risalente al VI-V sec. a.C.; di grande rilievo dal
punto di vista costruttivo, essa è certamente tra
le più interessanti tombe a camera della Sicilia.
2 costruita in conci squadrati di tufo che
definiscono una camera ipogeica di m 2.20 x m
1.50, con copertura a falsa volta ed apertura
preceduta da un breve dromos con accesso a
pozzetto.
Al momento della scoperta nel 1885, pare che si
rinvenisse un corredo con vasi di bronzo e vasi
fittili verniciati e figurati che purtroppo
andarono dispersi.
Quasi a corona attorno all'ingresso della tomba
monumentale, sono altre tombe di minori
dimensioni, costruite in pietrelle marnose.
L'altro settore di necropoli monumentale é
nell'area attigua, immediatamente a ovest
dell'attuale stradina che conduce all'antica porta
di accesso alla città. Di particolare rilievo è
anche la grande tomba ipogeica a pianta
rettangolare a doppia camera sepolcrale, ciascuna
con ingresso a sud: anche questa tomba era
preceduta da breve dromos con accesso a
pozzetto.
All'interno si rinvennero due vasi cinerari dei
quali uno è la splendida idria attica a figure
rosse, con scena nuziale di significato funerario,
esposta al Museo Archeologico Regionale di
Agrigento insieme al resto del corredo di
cui si segnalano la padella bronzea con manico configurato
kouros e la brocchetta in bronzo di produzione etrusca.
Le campagne di scavo più recenti (dal 1985 al
1989) hanno arricchito le nostre conoscenze sulla
necropoli di Monte Adranone rivelando
un'articolata sequenza di sepolture, sia cameretta
ipogeica che a cassa in pietrame, con e senza
sarcofagi litici o fittili, e soprattutto, con una
particolare ricchezza di corredi con significativi
esemplari di ceramica attica di produzione
indigena e di suppellettili di bronzo.