Cenni storici

Falcone e la sua storia

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Falcone è una cittadina della Sicilia Orientale. Situata sulla costa tirrenica della provincia di Messina ed assieme al vicino comune di Oliveri si adagia in una vasta conca che culmina col promontorio di Tindari e la riserva naturale dei laghetti di Marinello, davanti all’incantevole scenario delle Isole Eolie.

Confina: con il comune di Furnari ad est, Tripi a sud-est, Basicò a sud, Oliveri ad ovest ed è bagnato a nord dal Mar Tirreno. Il territorio si presenta sulla fascia costiera a nord pianeggiante, composto da depositi alluvionali, alcuni recenti (quali quelle sabbiose della spiaggia e ciottolose delle fiumare) e altri dovuti a sedimentazione più antica, costituenti le rocce affioranti dalla pianura.

Sulla costa, appena a ridosso della lussureggiante spiaggia, sorge l’attuale centro urbano; a sud-ovest, ai piedi di Monte Giglione, si trova la frazione S.Anna con la contrada Vignazzi; a sud-est sorge, sull’omonima collina, la frazione di Belvedere adagiata dolcemente tra gli uliveti, da cui si gode un suggestivo panorama che domina il golfo di Tindari. Falcone è attraversata dalla S.S. 113, l’antica “Trazzera Regia”, la “Pompea Valeria”, che collega Messina con Palermo.

L’autostrada A20 attraversa il territorio senza toccare il centro storico. La parte più antica che ha costituito, per gran parte dell’800, il nucleo abitativo più numeroso dell’attuale comune di Falcone è la frazione Belvedere, fino a qualche tempo fa intesa come “Casino”.

Nella prima metà dell’800, infatti, quando Falcone era ancora un “sobborgo” di Oliveri, la maggior parte della popolazione, prettamente agricola, risiedeva sulla collina che domina la costa.

Nel XX secolo lo sviluppo dell’attività marinara provocò un rapido popolamento della pianura che costituisce l’attuale centro urbano.

Le Origini.
Di Falcone si hanno notizie a partire dall’antichità, ma come autonomo comune è relativamente “giovane”, essendosi distaccato amministrativamente dal comune di Oliveri solo nel maggio del 1857.

Oggi nel paese sorgono tre Chiese: la principale è la Chiesa di San Giovanni Battista (Santo Patrono) è situata al centro e nella quale assume particolare rilievo il quadro ad opera di autore germanico della Trasfigurazione sviluppatesi in senso piramidale; la piccola Chiesa di S.Antonio, sulla via Nazionale e la Chiesa S.S. Immacolata di Belvedere contenente la raffigurazione dell’Immacolata, grande opera di inestimabile valore donata dal pittore concittadino, Giovanni Munafò.

L’Economia.
Prevalentemente basata sul turismo balneare e culturale, sullo sviluppo dell’artigianato, del commercio e dell’agricoltura grazie ai fertilissimi terreni ove si coltivano ortaggi, frutta, ed agrumi.

Il turismo è per Falcone un’attività emergente e di grande prospettiva futura, favorito dalla morfologia dell’arco costiero, caratterizzato da spiagge profonde e sabbiose, seguito dalla pianura e da dolci colline verdeggianti che, raramente, assumono forme elevate o molto ripide.

La frazione Belvedere, data la natura del terreno, favorisce lo sviluppo dell’agricoltura, con agrumeti, uliveti e vigneti.

La vocazione turistica è, quindi, innata nel territorio e gli ingredienti naturali ci sono tutti: la dolcezza e la varietà del paesaggio determinata dal mare e dal clima, mediterraneo, ma mitigato dalle brezze marine, tutto ciò fa sì che a Falcone,si godo non solo della bellezza del mare ma anche dell’aria salubre della collina.

Il turismo è di qualità grazie alla presenza di infrastrutture, attrezzature, locali di svago e servizi efficienti.

Per i Falconesi la scommessa è che lo sviluppo turistico possa avere sempre un maggiore incremento, tale da diventare la voce più attiva dell’economia del paese. Oggi Falcone sta lavorando sul miglioramento delle infrastrutture (lungomare, salvaguardia della costa, ecc.), sviluppando le attrezzature alberghiere, le aree di servizio, i centri ricreativi, i parchi giochi; è ben dotato da servizi a conduzione privata: negozi, supermercati, laboratori artigianali, officine.

Presenti e ben funzionanti pure i servizi pubblici con funzione sociale: banca, farmacia, municipio, ambulatori medici, guardia medica, P.T.E., parrocchie, ufficio postale, stazione dei Carabinieri e scuole, con l’Istituto comprensivo “Giovanni XXIII” che comprende materna, elementare e media.

La Pesca
In Sicilia la pesca del tonno è la più importante e caratteristica fra le tante che si esercitano nei mari dell’isola. Nella provincia di Dimman (l’antico Valdemone ) che iniziava da Caronia fino a Messina, su tutto il tratto di mare si stendevano le reti per pescare il tonno. L’uso della pesca del tonno è antichissima, la praticavano i Fenici, più tardi i Saraceni ed i Turchi.

La pesca nel Golfo di Tindari ha quindi origini antiche, ed è ancora oggi tra le attività economiche più sviluppate della zona.

Il mare, da sempre, ha avuto una grande importanza nell’economia falconese, pescoso di pregiate specie come il gambero rosso, il pesce spada, il calamaro, l’orata e la famosa pesca delle acciughe.

Negli anni sono sorte numerose aziende produttrici di conserve ittiche, famose in tutto il mondo.

Dalle origini prettamente marinare e contadine della comunità trovano conferma le prelibatezze della gastronomia locale.

L’Araldica.
L’attuale gonfalone di Falcone ha carattere simbolico perché allude ad una situazione storica e tradizionale, ma è anche “parlante” perché richiama chiaramente il nome del comune. Lo scudo è ovoidale, con al centro l’ancora sormontata dal falco, figura naturale da cui verosimilmente deriva il nome Falcone. L’ancora, il falco, le morbide onde, i rami di quercia e di alloro, concorrono già nello stemma a presentare tutto l’ambiente naturale e paesaggistico di questo comune.

 

a cura di: Salvatore Chiofalo


Documenti di Storia

Leggi un pò di storia

Dalla collezione "Leggi e Decreti Regno 2 Sicilie"

 

(a cura dell'Ufficio Cultura)

Documenti Allegati:  Vedi allegato Decreto Reale n. 1059 del 20/3/1854    Vedi allegato Decreto Reale n. 2937 del 3/3/1856   


Tributo ad un nostro eroe, Marinaio Stroscio Agostino, Guerra 15-18

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Fante di Marina

STROSCIO AGOSTINO (Falcone 01.06.1891-Sdraussina- Fronte dell’Isonzo-04.10.1915)

-- MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALORE MILITARE --


Marinaio , allievo del Corso C.R.E.M “ Corpo Reali Equipaggi Marittimi” tenuto alla Scuola di Pola (Istria Italiana) ivi inviato dopo l’arruolamento per tramite della Capitaneria di Porto di Messina, quindi imbarcato, avendo superato la fase dell’addestramento, sul Regio incrociatore corazzato “Amalfi”, di stanza a Taranto, appartenente alla IV Divisione Navale, comandata dall’ammiraglio Umberto Cagni, Conte di Bu Meliana. L’unità navale, il cui motto era “Ardimento ed Impeto”, trasferita nel mese di giugno dalla base di Taranto a Venezia, alle tre di notte del 7 luglio 1915, con a capo il Capitano di Vascello Giacomo Riaudo, scortata dalle torpediniere Calipso e Procione, salpò da Venezia, canale di Malomocco, per una perlustrazione ricognitiva nell’alto Adriatico (Golfo di Trieste). Dopo circa un’ora di navigazione, in una fitta nebbia, fu intercettata, al largo di Chioggia, e silurata dal sommergibile tedesco UB 14, al comando del Capitano di Corvetta Heino Von Heimburg, camuffato slealmente da sottomarino austriaco U26 in quanto la Germania non era ancora ufficialmente entrata in guerra contro il nostro Paese. L’ordigno colpì la nave sul lato sinistro, in prossimità del locale caldaie, provocando un largo squarcio nello scafo. Il natante impiegò solo 6 minuti a capovolgersi ed appena 4 ad affondare. Il roteare delle eliche, a nave rovesciata, straziò orribilmente alcuni marinai già in acqua. Il Comandante Riaudo - come riferisce il Bollettino dello Stato maggiore della Marina - prima di disporre il “fermo macchine-abbandono nave” - lanciò il grido “Viva il Re, Viva l’Italia” cui rispose tutto l’equipaggio allineato a poppa. Dopodichè iniziarono le operazioni di salvataggio nelle quali si distinse, per saldezza emotiva e temerarietà, il nostro concittadino al punto di ottenere una pubblica menzione. Invero ogni membro dell’equipaggio compì miracoli di bravura per salvare i naufraghi. Il mare era tranquillo e il salvataggio si realizzò con abilità somma, con grande abnegazione e con ordine e disciplina e ciò spiega come la proporzione delle perdite fu minima: 67 morti e 5 dispersi a fronte di un equipaggio formato da 719 marinai. Nello specchio di mare accorsero, chiamati telegraficamente, le navi di scorta e le navi –ospedale “Roma” e “Clodia” che trassero in salvo quasi tutto l’equipaggio. Dal racconto di un naufrago si seppe che alcuni marinaio finiti in mare, accortisi che la bandiera stava per essere coperta dalle acque, si immersero, a costo della vita poiché vi era il rischio che fossero risucchiati dal gorgo, per evitare che si inabissasse e riuscirono a recuperarla consegnandola poi ai superiori.

I superstiti, tra cui il giovane falconese, furono ricoverati presso l’Ospedale veneziano “S. Anna”, della Marina Militare. Ad essi fu rivolto il celebre discorso di D’annunzio ai “naufraghi dell’Amalfi” tenuto il 20 luglio nel porto di Venezia, anniversario della battaglia navale di Lissa, di ritorno da una missione a bordo di una flottiglia di siluranti : “O marinai, voi non avete più la vostra nave. Come la "Palestro", ella giace nel fondo dell'Adriatico. Era bella e voi l'amavate. Ma, nell'abbandonarla al suo destino, voi sentiste che nulla era perduto; poiché tanto indomito ferro rimaneva in voi, nella vostra intrepidità, nella vostra resistenza più forte della sorte e della morte”. Che quei ragazzi fossero di una tempra non comune lo testimoniò il fatto che vollero rimanere uniti e continuare a combattere a difesa del litorale costiero proponendo di essere impiegati nella zona fra Grado e Caorle. Gli alti Comandi, data la carenza di artiglieria pesante nei territori presso le foci dell’Isonzo in cui necessitavano cannoni navali, montati su pontoni e chiatte, serviti da personale navale, decisero che parte degli equipaggi di navi affondate venisse utilizzata a tale scopo e formò, pertanto, due compagnie di fanti di marina, a bordo di batterie galleggianti, stanziate presso Grado, ed una terza, denominata “Gruppo Amalfi”, costituita tutta dai superstiti dell’omonima nave (255 uomini scelti fra i più impavidi e risoluti), armata con cannoni da sbarco da 76/17, che operò, dopo solo dodici giorni dall’affondamento, inserita nella Brigata Perugia- 129° e 130° Reggimento Fanteria - XI Corpo d’Armata, tra Peteano e Sdraussina (oggi ribattezzata Poggio Terza Armata), nel basso isonzo, sul carso goriziano. Al “Gruppo Amalfi”, posto sotto il comando del Capitano di Corvetta Savino, fu aggregato il giovane Agostino che divenne, pertanto, un “Marò”, inquadrato in una unità di fucilieri che possono considerarsi gli antesignani degli odierni lagunari del Battaglione “San Marco”.

Nel corso della seconda battaglia dell’Isonzo (18 luglio\03 agosto 1915), chiamata anche la Battaglia di San Michele, 47.000 caduti, fra morti e dispersi, ricordata da alcuni giornalisti come “una macelleria a cielo aperto” il nostro intrepido concittadino si battè per giorni con valore.

Gli austro-ungarici utilizzavano le micidiali mitragliaci “Schwarzlose”, con postazioni collocate in posizioni di primo piano durante gli assalti, falciando la nostra fanteria senza pietà; i nostri soldati rimanevano spesso imprigionati fra i reticolati ed i cavalli di Frisia senza potersi creare dei varchi nello schieramento nemico.

In una ennesima azione bellica particolarmente cruenta, preparativa della terza “spallata” dell’Isonzo, che avrebbe avuto inizio il 18 ottobre. Il giovane Agostino, appena ventiquattrenne, fu attinto da colpi d’arma da fuoco e morì, in località Sdraussina (Poggio III Armata) il 4 ottobre del 1915, per le gravi ferite riportate.

Sia per l’audacia e l’altruismo che evidenziò durante le fasi di salvataggio precedenti l’affondamento dell’Incrociatore Corazzato “Amalfi” che per il coraggio mostrato negli assalti sul fronte isontino il ragazzo fu insignito di MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALORE MILITARE.

Il corpo, dapprima sepolto sul Colle di S.Elia, è stato traslato, nel 1938, nel Sacrario di Redipuglia, alle pendici del Monte Sei Busi, Comune di Fogliano (GO), ove riposa in pace nel giusto sonno degli eroi.

ONORE E GLORIA AL NOSTRO PRODE CONCITTADINO..!!


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