Archeologia

Secondo fonti storiche il monumento-monastero dei SS. Pietro e Paolo D'Agrò, oggi sito sulla sponda sinistra dell' omonima Valle, nel territorio del comune di Casalvecchio Siculo, come dall' atto di donazione di Ruggero II re dei Normanni scritto nel 1117, è la ricostruzione di un precedente fabbricato, la cui precedente ubicazione non si è ancora stabilita con certezza

Gli storici hanno creduto che la ricostruzione sia avvenuta nello stesso luogo dove fu distrutta dagli Arabi, anche se questa ipotesi non è stata confermata dalle ricerche fatte presso le basi del monumento.
Secondo racconti popolari invece, il monastero all'origine sarebbe stato edificato sulla sponda destra dell'Agrò nella attuale frazione di Scifì, dove fu sepolto da un'alluvione e quindi ricostruito nell' attuale sito.
Questa testimonianza tramandata dal popolo contadino, è sembrata assai possibile allo studioso locale prof. Giuseppe Lombardo, che di fronte ai muri di epoca romano-bizantina, portati alla luce a Scifì, ne dichiarava la scoperta nel Consiglio Comunale di Forza D'Agrò dell'11 aprile 1987.


La scoperta venne accolta con scetticismo dalle istituzioni che, nonostante il parere positivo espresso della Soprintendenza BB.CC.AA. sull'importanza dei reperti, non provvedevano al proseguimento degli scavi archeologici.
Incurante dell' ostruzionismo il prof. Lombardo non rinunciava alla possibilità di approfondire la sua scoperta, non esitando perfino a "comprare a spese proprie" una parte del terreno su cui si trovava il sito, iniziando una serie di scavi sistematici e meticolosi.
Tutte le notizie e i ritrovamenti lo hanno portato a sostenere, con sempre maggiore certezza, che in quel luogo si trovava un tempo il primo monastero.
In una sua pubblicazione del 1990 riguardante l'argomento, viene riportata un'antica mappa, attualmente esposta nei Musei Vaticani, nella quale un grande fabbricato appare riportato nello stesso punto dove si trovano i ruderi di Scifì, per lo studioso prova inconfutabile dell' antica collocazione del monastero.

Nel dicembre 1995, finalmente, venne effettuata una brevissima campagna di scavi archeologici, finanziata grazie allo stanziamento della somma di lire venti milioni, con dei risultati addirittura straordinari, che non solo hanno confermato la tesi avanzata dal professore Lombardo, ma hanno fatto pensare a nuovi studi per i paesi della Valle e della Riviera tutta. Tracce di ben tre civiltà diverse (greca, romana e bizantina) sono state riportate alla luce in tre strati sovrapposti sotto lo stesso cumulo di terra, dove evidenti sono le tracce dell' alluvione che seppellì il fabbricato. Scifì sarebbe sorto, quindi, sui i resti di un piccolo centro di periferia dell'antico stato greco-romano di Naxos-Tauromenium e dell'ancor più antica città fenicia di Tamaricium (Phoinix-Kallipolis?) oggi vantata col nome di "Bocena". Presso quest'ultima, che conserverebbe anche un tempio pagano, in prossimità con quello che i Greci battezzarono "Arghennon Acron" (oggi Capo Sant'Alessio S.), la fantasia poetica di Omero aveva immaginato l'uccisione dei buoi del dio Sole, per mano dei compagni di Ulisse.

Nell'autunno 1997 con un'altra campagna di scavi nel sito di Scifì ha definitivamente confermato quest'ultima tesi. Anche se la Soprintendenza BB.CC.AA. classificò il ritrovamento come "una fattoria di epoca imperiale", ben poco significativa è la differenza tra fabbricati di una comune fattoria e quelli di un monastero.
Tuttora si è in attesa di ulteriori interventi per il prosieguo gli scavi, che potrebbero portare a risultati importantissimi per la cultura e per l'economia del luogo.